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Fino a Domenica 11 Marzo, Firenze è la capitale del cioccolato. Tanta dolcezza in  piazza SS. Annunziata: degustazioni, food show, laboratori e molto altro ancora … Fra gli ospiti di quest’anno, lo chef d’eccezione Alessandro Borghese

L’incontro con lo chef Borghese ha delineato un momento clou del ricchissimo calendario di eventi e di iniziative proposto quest’anno da “FIRENZE E CIOCCOLATO”.  Alessandro Borghese ha presentato al pubblico fiorentino una delle più grandi prelibatezze nate dall’incontro fra il dolce e il salato: “L’anatra al cioccolato”.

 

INTERVISTA AD ALESSANDRO BORGHESE

Chef, La ringraziamo per la disponibilità di questa nostra intervista. Qual è il piatto, toscano o ancora meglio fiorentino, che preferisce cucinare o mangiare?

Con il mio programma “Alessandro Borghese 4 Ristoranti”, ho varcato le cucine in ogni parte d’Italia, alla scoperta delle piccole realtà che sono la spina dorsale della ristorazione del nostro Paese. In Italia, ogni regione vanta produttori locali che lavorano da generazioni materie prime eccezionali con un’attenta selezione verso il consumo del cliente: dalle varietà dei formaggi e dei salumi che si differenziano nel processo di preparazione alle coltivazioni di vitigni autoctoni; dalle località di mare con il loro pescato fresco alle malghe ricche di erbe spontanee. Ogni Regione ha i suoi piatti tipici e anche tra città ci sono rivisitazioni di alcune ricette. La cucina regionale è il cuore pulsante del programma “Cuochi d’Italia”, in onda tutti i giorni su TV8, che conduco con due giudici d’eccezione: Chef Gennaro Esposito e Chef Cristiano Tomei – toscanaccio DOC. Un immenso patrimonio che merita di essere conosciuto. Dai canederli trentini, ai peperoni cruschi lucani: tutti i giorni raccontiamo l’Italia attraverso le ricette, gli ingredienti, e soprattutto attraverso i protagonisti del programma, i professionisti del settore, che si mettono in gioco. Il mio lavoro mi porta ad avere un rapporto molto intimo e privilegiato con la materia prima; la mia cucina grazie alla vasta rete di fornitori di fiducia può esprimersi al meglio, i menu per i miei clienti cambiano frequentemente grazie a una programmazione stagionale. Si tratta di alimenti che hanno una storia centenaria, immutata negli anni, le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente dalla zona e dall’attività dei piccoli e grandi produttori. Offro a tutti gli ospiti del mio ristorante un entrée, mio personale omaggio alla cucina fiorentina: la pappa al pomodoro. Un modo per far <risciacquare i panni in Arno…> a chi si appresta a intraprendere il viaggio enogastronomico tra tradizione e innovazione proposto dal mio menu. Negli anni ho sperimentato le mode e alla fine ho compreso che i prodotti migliori, sono quelli schietti e sinceri che ti andrebbe di mangiare tutta la settimana. Questa è oggi la mia cucina.

Ci sono tante persone che non si avvicinano alla cucina per paura di non riuscire o di non raggiungere risultati abbastanza soddisfacenti. Da Chef, che consiglio potrebbe dare in merito ?

 

<Sei lo chef? Io studio per diventare come te!> È una frase che mi sento dire spesso. Tre parole. Chef. Studio. Diventare. Mi riportano indietro nel tempo, quando ho lasciato la casa paterna, con mia madre all’apice della sua carriera, che in qualche intervista rilasciava dichiarazioni sottolineando che non volessi andare all’università per diventare cuoco. Negli anni ’90 non era un’opinione diffusa come oggi. Le scuole alberghiere non vantavano un numero così alto di iscritti e i cuochi non diventavano un brand. Fu una scelta sofferta. Non è facile abbandonare la strada che i tuoi genitori vorrebbero per te e che in qualche modo già iniziano a spianarti. Avevo cinque anni quando, ogni domenica mattina, mi svegliavo col profumo del ragù dentro casa. Mi alzavo molto presto e andavo in cucina per osservare le mani di mio padre muoversi in assoluta sicurezza tra fornelli, piatti e coltelli. Quei momenti hanno il sapore indimenticabile di quel ragù che inonda la fetta di pane per la colazione domenicale. Il sorriso di mio padre concesso nel descrivermi una ricetta, i suoi consigli come un regalo speciale, hanno sviluppato gradualmente oggi il mio essere chef e rifare quel piatto con la stessa emozione della prima volta.  Dopo il diploma mi sono imbarcato sulle navi da crociera per iniziare la mia impegnativa gavetta, per i successivi tre anni ho lavorato tra fornelli e piatti da lavare. Una volta sulla terra ferma, ho lavorato in Italia e all’estero, ho conosciuto i colleghi e gli amici, che lavorano in “AB Normal – Eatertainment Company” la mia società di ristorazione e food consulting. Nel cuore della City Life milanese, in Viale Belisario – al numero 3. Dove ha sede il mio ristorante: “Alessandro Borghese – Il lusso della semplicità”.

“Il lusso della semplicità” è la mia filosofia: mantenere la semplicità in cucina vuol dire tante cose, potrebbe significare ridurre un piatto alla sua forma base o focalizzarsi su un ingrediente per sperimentarne l’essenza. Oppure creare un’atmosfera da Rock Band, dove le diverse parti della cucina si muovono come gli strumenti del concerto. In qualunque caso, “semplice” in una cucina raramente significa “facile”. È una cucina che col tempo si è evoluta. Che è andata oltre ed è tornata indietro. Quando si matura professionalmente si procede per sottrazioni più che per addizione. Studiare e approfondire: per preparare una cacio e pepe, ci vuole testa ed esercizio, devi conoscere i formaggi la loro stagionatura, sapere che un formaggio si lega meglio con un altro e trovare il giusto abbinamento con l’amido della pasta per avere un ottimo risultato. Sperimentare e rispettare gli ingredienti: la materia prima ha un ruolo centrale, devi conoscerla ed essere bravo nel valutare le sue possibili trasformazioni senza stravolgere la sua natura. Quando si entra in cucina c’è studio, progettualità, fantasia, ci vuole concentrazione, intuizione, il gioco di squadra è fondamentale per lavorare verso l’obiettivo comune di suscitare un’emozione per chi assapora i piatti.

Cucinare vuol dire passione e responsabilità: un atto d’amore ricco di desiderio, impegno, professionalità. È un lavoro duro con poche ferie, quando tutti festeggiano tu sei lì a lavorare! Ma ovviamente per chi lo ama, regala molte soddisfazioni. Non si cucina mai per il conto, si cucina per far felici qualcuno.

Finalmente a Firenze per uno straordinario “live coking” in occasione della “Fiera del cioccolato”. Quale dolce ama cucinare con il cioccolato? Ha un ricordo con la nostra città ?

Firenze è un’emozione unica. Piazza della Signoria. Palazzo Pitti. Santo Spirito. I Litfiba. Il lampredotto! Una semplice passeggiata per le strade di Firenze si trasforma inevitabilmente in un viaggio unico nella bellezza rinascimentale. Una lezione di storia tra magnifici scorci e particolari architettonici che tutto il mondo ci invidia. I miei piatti prendono ispirazione dai viaggi e hanno il sapore dei miei ricordi: una delle prime gite scolastiche a Firenze. Sono passati molti anni e ricordo in maniera chiara la luce fasciare ed esaltare le possenti muscolature delle statue della Loggia dei Lanzi. La regale opulenza della Galleria degli Uffizi. La perfezione del David di Michelangelo. L’alchimia dei giardini di Boboli. Il magnifico panorama di Piazzale Michelangelo: da qui hai quasi l’impressione poter afferrare l’anima di Firenze e farla tua. Il sapore dei cantucci preparati da un’anziana signora, che ha reso questo ricordo indelebile. Ancora oggi ricerco quel ricordo nei cantucci al cioccolato che preparo.

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