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Seconda parte del nostro racconto sulla storia di piazza della Repubblica. Da luogo con tombe vitruviane, a Foro romano, da Campus regis a Mercato Vecchio. 

Il Mercato Vecchio, nel 1568, venne arricchito anche dalla Loggia del Pesce, costruita appositamente dal Vasari, in sostituzione di quella che sorgeva nei pressi del Ponte Vecchio – abbattuta su ordine di Cosimo I per costruire degli archi sui quali poi far passare il corridoio vasariano-.

Successivamente, Cosimo I decise di spostare nel lato settentrionale del Mercato Vecchio gli Ebrei, che risiedevano nel quartiere di San Iacopo, creando il Ghetto di Firenze e circondandolo con alte mura, trasformandolo di fatto in un penitenziario con tre ingressi e condannandolo a squallore.

Il Mercato e il Ghetto cominciarono, con il passare degli anni, ad essere una zona malfamata. Prima a causa della mancata manutenzione. Poi, dopo che gli ebrei fiorentini, una volta ottenuti i diritti civili, ottennero la libertà di abitare dove volevano, abbandonarono il “penitenziario”, lasciandovi prettamente ladri, prostitute, assassini in abitazioni piene di sporcizia, scoli d’acqua e insetti. Il colpo di grazia fu quando la capitale fu spostata da Firenze a Roma che condannò la città in riva all’Arno alla miseria e questo spinse la parte peggiore della popolazione a rifugiarsi in questo quartiere, portandolo alla sovraffollamento che fece precipitare le condizioni igieniche.

Per risolvere il problema, le amministrazioni dell’epoca decisero di sfrattare gli abitanti della zona e di abbattere il ghetto. Il problema fu che nella distruzione di quella che veniva additata come “lordura”, furono sventrate anche le chiese antiche di cui avevamo già parlato nell’articolo precedente e il Mercato Vecchio. Si fece in tempo a salvare qualcosa tra cui la Loggia del Pesce che fu smontata alla bell’e meglio (poi successivamente rimontata in Piazza dei Ciompi, dopo essere stata depositata nel convento di San Marco).

Sopra le rovine vennero creati intorno alla piazza i grandi e moderni palazzi, i Portici, influenzati dal clima di mondanità che fremeva in tutta Italia e disegnati dall’architetto Micheli, ed infine l’Arcone centrale, di chiaro sentimento trionfalistico. Sulla sommità di questa struttura fu posta l’epigrafe di Isidoro Del Lungo:

“L’antico centro della città da secolare squallore a vita nuova restituito”

La piazza prese il nome di piazza Vittorio Emanuele II e si riempì di caffè come Gilli, Paszlowski, Gambrinus e delle Giubbe Rosse. Questi furono il cuore e il punto di ritrovo dei letterati che abitavano a Firenze. Non solo locali di incontro ma anche di scontro, come quello che si accese nel 1915 tra gli “interventisti” e i “neutralisti” sulla questione Prima Guerra mondiale e possibile intervento dell’Italia in tale conflitto.

Al termine del secondo conflitto mondiale e con la fine della monarchia, la piazza prese il nome definitivo di Piazza della Repubblica, mettendo, per ora, termine, al susseguirsi di denominazioni.