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Questa settimana, un’interessante intervista a Giacomo Peggion, personal trainer fiorentino, che attualmente si trova a Londra per lavorare per la prestigiosa catena “Virgin Active”. Un’intervista che parla anche della sua grande passione per “Il Calcio Storico” e del suo legame con la nostra città.

INTERVISTA A GIACOMO PEGGION

Giacomo, parliamo della tua passione per lo sport. Quando è che ti sei avvicinato allo sport, innanzitutto a livello di passione, perché, poi, è diventato un lavoro?

Ho fatto sport da sempre, ho cominciato con il nuoto e la pallacanestro quando ero alle elementari, grazie ai miei  genitori. Successivamente, mi sono rivelato un tipo “abbastanza fisico” e di conseguenza ho fatto pallanuoto a livello agonistico e poi al liceo ho cominciato a giocare a rugby. Mi è sempre piaciuto praticare attività fisica, sono stato bene con i miei compagni e adesso, da ormai quasi 5 anni, faccio lotta greco romana, grazie anche ai compagni di calcio storico che mi hanno fatto scoprire questo sport.

Lo sport ti appartiene da quando eri bambino, poi hai anche studiato all’università. I tuoi studi li hai fatti qui a Firenze? In cosa ti sei laureato?

Mi sono laureato in “Scienze Motorie” a Firenze.

L’anno scorso?

Si, il 26 aprile del 2017.

Quindi ancora non è un anno che sei laureato, ma già lavori …

Sì, ormai da 3 mesi.

Raccontaci la tua esperienza, innanzi tutto di personal trainer, insegnando alle persone ad allenarsi e ad amarsi anche di più …

Assolutamente, l’allenamento è un veicolo. Per la maggior parte delle persone che alleno, l’allenamento non è un obiettivo. L’obiettivo è star bene, ognuno sotto il suo punto di vista e i suoi desideri e personalmente, cerco di farglieli raggiungere tramite un allenamento personalizzato.

Perché la scelta di un ragazzo giovane come te, fra l’altro fiorentino, di andare all’estero? In Italia non hai ricevuto un’offerta interessante o è semplicemente un’esperienza che vuoi fare?

Sono andato a Londra per vari motivi, primo fra tutti: volevo il massimo dal punto di vista lavorativo. Quindi, ho dovuto escludere i paesi scandinavi dove si guadagna e si vive bene e che a me piacciono, però la lingua era un po’ un ostacolo. Idem con la Germania. Avevo dei contatti con amici che erano a studiare a Londra e l’idea di non avere alla mia età vincoli di famiglia eccetera e di avere un panorama lavorativo ampio mi allettava. Semplicemente l’ho scelto per questo, perché volevo avere il massimo della proposta lavorativa.

Ti trovi bene in Inghilterra ? Dove ti trovi esattamente ?

Sì, molto bene. Mi trovo a Londra, in centro a Kensington. Mi trovo bene, lavoro tanto, all’inizio parlavo inglese con un livello che mi permetteva di parlare con le persone in maniera disinvolta. Poi, stando lì, ovviamente ho migliorato e ho imparato termini tecnici necessari all’ambiente lavorativo. Non mi dimentico di Firenze; sono innamorato della mia città e quindi, adesso me la sto godendo anche di più, perché vengo qua in vacanza.

Ecco, un consiglio per mantenersi. E’ preferibile che ognuno abbia una propria scheda di allenamento ?

Innanzitutto, la parola scheda, è tipica dell’Italia e non esiste dove lavoro io. Nel senso che se volessimo tradurla in maniera corretta si direbbe programma allenante, però la scheda fine a se stessa è più o meno inutile per 99 individui su 100, perché, se io do a chiunque un programma, va spiegato e condito con delle informazioni fondamentali, ecc … Seguo sempre il cliente, in questo caso, a tu per tu, poi posso ampliare la mia proposta tramite dei programmi che vengono spiegati. La scheda, in sé per sé, sarebbe un po’ per individui consapevoli, gli dici “fai questo, questo e questo” in gergo tecnico e loro dovrebbero capirti, altrimenti è una lingua a parte che va saputa. Quindi la scheda in sé per sé è rara, mi succede, ma è raro.

Quindi, se qualcuno viene da te ? Ovviamente parlo di qualcuno che non è del settore …

Stabiliamo degli orari e ci vediamo settimanalmente, una, due, tre volte a settimana e alcuni mi chiedono di vedersi anche una volta ogni due settimane ed io seguo negli allenamenti. Loro devono fare soltanto lo sforzo di venire in palestra e ascoltarmi un minimo. Questo è il metodo più efficace per migliorare, perché non tutti nascono con l’attitudine all’attività fisica. Certe persone vogliono ottenere dei risultati, ma, spesso, non sono nate per ottenere certe cose. Come se a me chiedessero di stare 12 ore su una scrivania.

Come fa chi non ha l’attitudine allo sport? Ci si può sforzare, ci si può arrivare?

Diciamo che la mia figura in queste situazioni è fondamentale. Io do alle persone che non hanno certe cose le cose che gli mancano. Nel senso che io lo dico sempre, per allenarsi e ottenere risultati servono la costanza e l’attitudine. La costanza, perché ovviamente se uno viene una volta al mese in palestra e si allena come un dannato, una volta al mese non basta. Idem se uno viene tutti i giorni, ma sta al cellulare e parla con gli amici. Quindi vanno mischiate la costanza e l’attitudine che io chiamo con i miei clienti per scherzare le muse dell’allenamento.

Quindi l’attitudine si può creare per chi non è amante dello sport?

L’attitudine, diciamo, che in questa situazione si può migliorare, però gran parte di questa attitudine e di questa costanza viene fornita da me, che invito a venire e creo degli impegni. Infatti, le persone, sembra strano, ma hanno piacere nell’avere degli impegni fissi, una tabella.

Un’ultima curiosità prima di parlare del calcio storico: tu hai intenzione di rimanere in Inghilterra o vorresti tornare a Firenze?

Ora come ora voglio restare là, perché mi piace dal punto di vista lavorativo. Come città e qualità della vita, Firenze tutto sommato è la mia preferita, però per tante ragioni sono là. Quindi, per adesso, voglio esprimermi più che posso là dal punto di vista lavorativo, ho dei colleghi favolosi, mi trovo molto bene, mi trovo molto a casa anche con i londinesi che poi sono multiculturali, ti trovi bene per forza, ci sono tantissime persone e, sì, voglio stare là, periodicamente tornare per le vacanze, perché mi va e un domani mi piacerebbe creare un qualcosa a Firenze per cui tornarci è assolutamente nei miei progetti.

Ecco, parlando di Firenze, una bella parentesi che ti appartiene, il calcio storico. Allora, come ti sei affacciato al calcio storico, perché ti piace e, insomma, raccontaci la tua esperienza.

Il calcio storico, sembra strano, l’ho conosciuto tardi, nel 2013. Avevo 19 anni, anzi ancora 18 (ora ne ho 23),  quando sono andato a vedere per la prima volta la partita, bianchi contro azzurri, perché il babbo di un mio amico mi ci aveva portato. L’ho conosciuto, mi è piaciuto, poi io mi sono un po’ informato, ho riconosciuto le facce dei bianchi in campo e, mesi dopo, nella primavera del 2014 ho incontrato in Santo Spirito il centro della mia squadra attuale Ho preso dei contatti, loro erano un po’ increduli, perché dal niente diciamo “sì, ok, sai quanti dicono così” e alla fine mi sono presentato il primo giorno agli allenamenti e da lì dal 2014, sono andato lì, mi sono allenato (da sempre nei bianchi, dopo aver superato dei criteri, perché non tutti si possono allenare), e, durante il torneo, ero una riserva.

Ti hanno fatto una specie di provino?

Il provino sono allenamenti, aperti a tutti. Esempio stupido: quest’anno un ragazzo è venuto e dopo 2 settimane si è rotto un malleolo. Quindi è autoselettivo dal punto di vista fisico, ma anche mentale. Nel senso che avviene anche una selezione naturale: non tutti siamo propensi a fare le stesse cose. Gli allenamenti ti aiutano a capire o meno, se puoi continuare nel percorso.

Hai passione per questo sport perché sei fiorentino o perché ti piace lo sport?

Se fosse una cosa non legata alla mia città, non so se la farei, perché alla fine è violenza pura, non è uno sport, perché lo sport secondo la sua definizione più classica prevede anche il fair play … Prima di entrare si urla: “Uccidiamoli”. È una cosa estrema, è violento, c’è una correttezza paragonabile allo spirito del gladiatore. In campo te sai come entri, ma non sai come ne esci. Succede un po’ anche nello sport, ma nello sport è un ritmo diverso. Io ho giocato a rugby, dove c’è tanta forza fisica, ma non è violento. Come il pugilato, è uno sport che sembra violento, ma alla fine non lo è. È molto corretto. Ci sono due persone che è come se facessero un patto silente. Nel calcio storico, è tutto più una sorpresa e la sua atmosfera quasi di guerra non è la migliore che potrebbe respirare un bambino.

Tu lo fai perché appartieni a Firenze principalmente, hai uno spirito patriottico …

Come dicevo prima, se questa tradizione non fosse legata a Firenze, probabilmente non lo farei, perché ci sono altre imitazioni del calcio storico che non mi interessano per niente. Io lo faccio per la mia città, perché gioco con compagni di squadra con i quali sono cresciuto e il calcio storico mi permette di essere ancora più vicino alla città che amo, Firenze, e alle persone di Firenze che amo. È questo. Se fosse una semplice rissa, probabilmente non ne farei parte. Ad esempio, MMA è una violenza vestita da sport, dove ci sono comportamenti sleali e non ha quella vena di tradizione che ha il calcio storico e infatti, per adesso, non mi ha entusiasmato.

Finché tu potrai farlo, lo farai sempre il calcio storico, giusto?  Perché lo senti tuo a livello di fiorentino?

Sì, mi viene naturale. Mi manca quando non ce l’ho e lo voglio fare quando lo posso fare.

Quando riprendono gli allenamenti?

Gli allenamenti riprenderanno dopo Pasqua. Io sarò su a lavorare e mi allenerò per conto mio, come ho fatto anche quando ho studiato un anno in Spagna, a Valencia, e là mi sono allenato per conto mio. Diciamo che gli allenatori e i dirigenti hanno avuto fiducia in me e mi hanno chiesto proprio letteralmente se ero pronto e io ho risposto di sì. L’importante è rimanere in forma anche se allenarsi con la squadra non ha eguali in quanto a preparazione.

Ultima domanda. Lo sport è una metafora della vita, mi puoi fare una tua metafora? Perché lo sport possiamo paragonarlo alla vita?

È semplice, nello sport mi definisco un calcolatore, nel senso che raramente mi faccio prendere dal panico o da qualcosa che potrebbe penalizzarmi e quindi calcolo tutte le cose nel limite del possibile e così lo faccio anche nella vita. Mi concentro in maniera silente su obiettivi principalmente a lungo termine, quindi ci sono sempre costanza e attitudine, e piano piano senza fare tanti discorsi il mio obiettivo è raggiungerli. Lo faccio nello sport, in palestra e idem nella vita. Dopo laureato sarei venuto a Londra, ma non lo avevo detto a nessuno, perché non c’era motivo di condividerlo subito. Non mi piace, mi piace invece stabilire questi obiettivi a lungo termine in maniera silenziosa e poi raggiungerli piano piano. Anche adesso voglio raggiungere certi obiettivi che tengo per me e poi vedrò cosa fare, se restare o no in Inghilterra. Non si finisce mai di porsi obiettivi.