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Il prossimo 22 Aprile Indro Montanelli, una delle più illustri firme del giornalismo toscano e italiano, una penna pungente e spietata, avrebbe spento 110 candeline.

Indro Montanelli e la città di Firenze

Montanelli ha sempre considerato la Toscana non solo come un luogo fisico, ma anche come un atteggiamento, un comportamento. Quel carattere da Maledetti toscani (opera del suo amico e rivale Curzio Malaparte), che mette insieme un carattere testardo con un’assoluta schiettezza nei rapporti interpersonali con gli amici e gli avversari.

Il giornalista con la Toscana, ma soprattutto con Firenze, ha avuto un rapporto di odio e amore. Lui nato a Fucecchio (comune facente parte del contado della città), in quanto provinciale, subisce fin dalla più tenera età (lo scriverà nel 1972) il campanilismo dei “fiorentini doc” verso i cittadini di provincia.

“Dico nostra città sebbene io non sia proprio di Firenze, sono del contado e come tale non abbia molti motivi di affetto e di gratitudine per questa mamma che i suoi figlioli di provincia li ha sempre trattati con distacco, con alterigia e con disprezzo. Però, sapete com’è, una mamma più è peccatrice più i figlioli le si affezionano.”

E questo affetto nei confronti della città del giglio, Montanelli lo dimostra muovendo le sue critiche più sferzanti agli italiani. Lo farà infatti citando quello che per lui è un vero maestro, ossia Francesco Guicciardini. Infatti per descrivere i suoi connazionali, come persone dedite esclusivamente a coltivare il proprio orticello egli dirà che gli italiani sono un “insieme di particulari”.

In uno dei suoi scritti più intimi, La mia Firenze, parla della Toscana e del suo capoluogo in modo nostalgico e personale.

“Il paesaggio toscano è un capolavoro d’armonie (..) Alla sua base c’è un miracolo d’intelligenza e di gusto, di cui nel mondo non ho visto l’eguale, una concezione rigorosa e asciutta delle linee e delle proporzioni che nulla concede al superfluo e che riflette plasticamente quelle qualità essenziali del genio fiorentino”.

Quando Indro esorcizzò l’alluvione

Montanelli è stato particolarmente vicino alla sua città, soprattutto in seguito alla tragedia dell’alluvione del 1966.

A pochi giorni da questo tragico evento, Indro, che meglio di chiunque altro conosceva i suoi concittadini, pubblica su il Corriere della Sera (in terza pagina) un pezzo impudente ed irriverente di puro giornalismo montanelliano dal titolo Cronaca dal diluvio.

In questo articolo l’alluvione viene vista con gli occhi di una sgangherata famiglia di antiquari fiorentini, colti di sprovvista dalla piena che rovina la loro bottega e dall’improvvisa morte del nonno e dalla sua salma che galleggia per tutto il locale portata dalle acque.

Un racconto surreale intriso di una buona dose di umorismo nero, che è poi il marchio di fabbrica di Montanelli.

Un racconto che nel 1982 ispirerà Mario Monicelli per una famosa scena del secondo capitolo della saga di Amici miei.

1972, sei anni dopo la tragedia

Nel 1972, esattamente sei anni dopo, Indro torna sul luogo della tragedia.

Lo fa per i Servizi speciali del Telegiornale, torna per intervistare chi l’alluvione l’ha vissuta e l’ha affrontata con coraggio.

Intervista Piero Bargellini, che nel 1966 era sindaco della città di Firenze e intervista un contadino del posto.

Un reportage dove quello che emerge non è tristezza né rassegnazione, ma coraggio e caparbietà. Montanelli non intende, col suo servizio, fare un necrologio della città ma mostrare la perseveranza dei suoi abitanti che a distanza di sei anni, lottano senza mai arrendersi per tentare di rialzarsi e di risollevare Firenze.

Conclusione

Il prossimo 22 Aprile, il principe del giornalismo italiano avrebbe compiuto 110 anni.

Ci sembrava giusto raccontare attraverso qualche piccolo “scorcio” raccontare quello che fu il suo rapporto con Firenze.

Un rapporto di amore odio (che ha caratterizzato tanti altri scrittori e giornalisti toscani come Curzio Malaparte, Tiziano Terzani o Oriana Fallaci).

Un rapporto di amore odio che ci fa capire che Firenze non è che la si odia o la si ama.

Firenze più la si odia e più la si ama.