Quando lo stupore è l’unico antidoto alla rassegnazione
Giovedì 20 aprile. Un’unica data.
La curiosità a volte porta a fare molte domande.
Ed è così che mi ritrovo a domandare a chi ne sa più di me “cosa mi devo aspettare stasera?”.
Questa volta nessuna risposta da decifrare per il suo complesso ermetismo, solo un semplice “Siediti. E lasciati coinvolgere”.
Faccio splallucce, e penso: insomma ma che risposta è? Certo che mi faccio coinvolgere! Diamine! sono a teatro, un essere umano che guarda un altro essere umano che recita. L’istante che NON torna più, l’immediatezza dell’unicità.
Alla fine è stato così, aveva ragione.
Mi sono seduta in questo teatro di periferia, circondata da spettatori diversi tra loro ma così estranemente desiderosi di essere partecipi ad un teatro differente.
Lo spettacolo “Il Nemico” coinvolge e inchioda l’anima di chi guarda.
Lo spettatore si trova riflesso in un grottesco scenario, tra un’ironia beffarda e la struggente tristezza di un uomo che altro NON è che un numero in una società perennemente in guerra.
“Il Nemico” nasce come graphic novel dedicata a grandi e piccini dalla matita di Davide Calì e Serge Bloch un must contemporaneo della letteratura per ragazzi in Francia. Una storia universale, con illustrazioni poetiche e ironiche. É stato vincitore di numerosi premi a livello internazionale.
Questa novella tratta una tematica purtroppo nota al nostro quotidiano: la guerra e quello che è l’origine di tutte le guerra.
Oggi questa favola a tavole è diventata uno spettacolo teatrale, dove vista e udito sono i sensi che più vengono sollecitati. Non è un teatro recitato, NON c’è un testo recitato, soltanto suoni. Onomatopee. Immagini. Ed emozioni.
Al centro della scena c’è un buco, con dentro un uomo vestito da soldato che vive da anni ripetendo gli stessi gesti e combattendo un nemico invisibile davanti a lui.
Non c’è cognizione spazio temporale, manca ogni riferimento che possa contestualizzare quale guerra stia affrontando questo soldato. Una guerra che ha fatto la Storia? Una guerra che corre sui nostri telegiornali ogni sera? O l’idea di una guerra futura?
Una vita vissuta nella routine tra armi e munizioni, oggetti che prendono il posto delle persone, sentimenti che vengono rianimati giusto il tempo di un thè da bere in solitudine. Un ricordo appeso e sbiadito, un fucile che si ricarica come fosse uno smartphone, dopotutto l’uomo contemporaneo ha il cellulare come prolungamento del suo avambraccio, come un soldato ha il fucile.
Il perchè è la guerra quotidiana che ogni uomo affronta nella sua vita. Quel soldato siamo noi, strumento nelle mani di una società che instilla giorno dopo giorno con ogni forma possibile l’odio verso l’altro, facendolo passare per “diverso”, per un essere malvagio che sicuramente può solamente danneggiare l’insensibile e quieto vivere. Un soldato ora, un uomo poi che protegge con la sua vita un ideale privo dell’umanità che si confa all’uomo stesso. Un uomo ingannato con quei mezzi che lui crede siano la porta verso il sapere che rende liberi.
E senza sapere perchè, quel soldato combatte qualcuno per un motivo che infondo NON conosce neanche lui. Rinchiuso nella sua trincea, altro NON è che un bunker che lo tiene al sicuro dalle sue fragilità. Un uomo che ha solo un buco e lo difende, pauroso dell’ignoto al di là del suo confine ideologico. Un buco come metafora dell’impotenza di vivere la vita alla luce del Sole, aprendo gli occhi su un’orizzonte. L’orizzonte manca perchè NON vi è speranza. E questo aumenta il profondo senso di esclusione dell’altro, isolandosi sempre più nel microcosmo che si autocrea il soldato.
Infondo però questo uomo/soldato si rende conto che NON sa chi è quel nemico o quale sia la vera ragione. E quando scopre, uscendo dalla sua trincea spinto dalla noia o dalla curioistà che zampilla nelle vene, che anche l’altro vive come lui circondato da gli stessi oggetti e indottrinato dalla stessa propaganda capisce il suo limite. Ma più di tutto mi piace pensare che sia il dubbio, apice del pensiero razionale dell’uomo che lo differenzia dall’essere animale e quindi NON addomesticabile, a spingerlo fuori dalla sua condizione invalidante.
Il limite di credere ciecamente a quanto viene detto o scritto, infatti nel Manuale del buon soldato un piccolo libretto rosso fornito in dotazione al soldato , il nemico è descritto “….è un mostro spietato, una bestia, è colpa sua se c’è la guerra. Il nemico deve essere ucciso prima che sia lui ad ucciderci.”.
Noi vediamo un solo soldato, una sola trincea semplicemnte perchè uno è speculare all’altro, NON c’è differenza nella condizione esistenziale. Tutti sono rintanti nel loro buco esistenziale, culturale, emotivo, fisico dove l’equilibrio NON si deve rompere per NON perdere quelle tre o quattro certezze.
Un soldato, un uomo solo con delle caratteristiche ancora umane: il desiderio fisico maschile che si esaurisce nella sua solitudine affettiva, i sogni di un bambino che ancora geme in lui, la bellezza di sentirsi bagnare dalla pioggia che nessuno può controllare.
Vittima indifesa e indifendibile delle sue fragilità condizionate da una società cinica e mostruosa che trae godimento dall’anichilimento dell’Uomo come essere pensante.
Straordinario è il lavoro che l’attore Erik Haglund ha fatto su se stesso per rende l’interiorità e l’emotività del soldato attraverso un linguaggio costruito sull’espressioe del movimento. Egli riesce a tratteggiare ora suscitando riso, ora drammaticità i tratti di un uomo che NON ha perso del tutto la sua linfa umana. l’unica battuta che ripete a pappagallo è“Liberté, égalité, fraternité, Mare Nostrum”.
In sottofondo video-animazioni di Beatrice Ficalbi, che accompagna lo spettacolo attraverso la proiezione di linee ora rosse per marcare i tratti del nemico, ora bianche e concentriche intorno alla figura del soldato come ad avvolgerlo nel grembo materno.
L‘altra protagonista sul palcoscenico è la cantante Lucia Sargenti che rielabora le scene attraverso le diversità sonore con la sua sola voce, accompagnata dalla semplice tecnolgia di una loop station. Una voce penetrante che accompagna la solitudine dell’uomo. Spettacolare è il riadattamento dell‘Inno alla Gioia con le tematiche dell’Europa di oggi: “Maastricht, Schengen, Merkel, Erasmus, Spread ecc” con un marcato accento tedesco fa sorridere ma poi pensandoci bene che abbiamo da ridere? La nostra Europa parla lingue che solo banche e mercati conoscono.
Il testo perfetto per parlare ai bambini ma anche ai grandi, con chiavi di lettura diverse ma al tempo stesso intense per la loro drammaticità. É così potente e complesso ma il suo svolgimento si rivela diretto ed empatico. Il conflitto esterno, lento e logorante che fa più vittime con il tempo che NON con le pallottole, NON è altro che la trasposizione del conflitto interiore che l’uomo subisce. La sua potenza di questo adattamento risiede nel potersi immedesimare in ogni momento.
Al momento di tirare una linea, si comprende facilmente che è solo la Paura a spingere l’uomo a combattere, ad armarsi e a resistere vittima e carnefice allo stesso tempo dei suoi malesseri. Una paura ancestrale di perdere quella sicurezza che i beni materiali portano ad avere. E quando scopri che l’altro Non è poi così diverso da te, è la ri-nascita e qui avviene, ironicamente ma neanche tanto, su una pagina di un calendario erotico dove il Soldato scrive un messaggio di Pace che prende il volo oltre la trincea, oltre i confini, nell’orizzonte della vita
Un messaggio potente e riflessivo con il quale lo spettatore torna a casa, interrogandosi su tematiche tutt’ora attuali, con le quali convive tutti i giorni.
Il Nemico è come me e altro NON è che me.
Lo spettacolo è una produzione del Teatro dell’Elce, con la partecipazione del Teatro Solare. La regia e l’adattamento sono di Marco Di Costanzo.
Liberamente tratto da “Ennemi” di Calì e Bloch.