Dario Nardella è il sindaco di Firenze dal 2014 e si ricandida ad esserlo per altri 5 anni, opposizioni permettendo. Il suo è stato un lungo corsus honorum, che l’ha visto consigliere comunale, parlamentare, vicesindaco fino ad arrivare a diventare, appunto, il primo cittadino.
In questa intervista si racconta, non solo politicamente ma personalmente.
Buongiorno signor Sindaco. In un tweet, come si descriverebbe?
Lavoratore, ottimista, dialogante.
Prima di diventare sindaco ha fatto un lungo corsus honorum: è stato eletto nel consiglio comunale di Firenze nel 2004 con i Democratici di Sinistra. Dal 2006 al 2008 è stato nominato consigliere giuridico di Vannino Chiti, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Nel 2009 ritorna nel Salone dei Duecento e diventa vicesindaco con varie deleghe. Viene eletto nel 2013 alla Camera dei deputati e lascia Palazzo Vecchio. Il 17 febbraio 2014 viene nominato nuovamente assessore e Vicesindaco ed è incaricato di traghettare l’amministrazione alle elezioni del 2014 dove viene consacrato sindaco al primo turno con il 59,15% dei voti. Infine, il 1 gennaio 2015 diventa sindaco della Città Metropolitana di Firenze. Riguardandosi indietro, cosa ne pensa di questo suo percorso politico?
Il mio percorso politico è appassionante, ma anche faticoso. L’esperienza politica mi ha insegnato molto senza cercare scorciatoie per un successo facile e mi ha permesso di valorizzare le competenze che ho acquisito nel corso della mia carriera di studente e poi di ricercatore universitario.
Per quanto riguarda il suo percorso politico, ha qualche rimorso e qualcosa che invece rifarebbe nella stessa maniera?
Non ho nessun rimorso e la cosa di cui vado più fiero è l’essere l’unico deputato nella storia della Camera che quando ha deciso di candidarsi a sindaco, nel 2014, si è dimesso rinunciando al cosiddetto paracadute, che consente ai parlamentari di lasciare la carica solo dopo essere stati eletti.
Dove nasce la sua voglia di fare politica?
Nasce dai tempi del liceo e del Conservatorio. Ho sempre avuto il desiderio di occuparmi degli altri e di andare oltre la mia dimensione egoistica di studio, lavoro e vita personale. Non mi sono mai accontentato di come le persone mi spiegavano la società e ho voluto sempre occuparmi in prima persona della vita pubblica e della mia comunità. Non a caso, per molti anni sono stato anche negli scout. Al Conservatorio, ad esempio, mi impegnai per costituire la prima orchestra degli studenti, che divenne poi con il tempo molto brava e ambita in tutto il territorio provinciale. Al liceo, invece, per due anni sono stato rappresentante d’istituto e ricordo le battaglie con il giudice Antonino Caponnetto sulla mafia, qualcosa di cui si dovrebbe tornare a parlare anche oggi perché anche in una regione ricca e civile coma la Toscana la criminalità organizzata è più forte e presente che mai.
Che cosa vuol dire essere il sindaco di una città come Firenze? Che cosa ha provato il primo giorno da sindaco nell’attraversare l’ingresso di Palazzo Vecchio e indossare per la prima volta la fascia tricolore?
Vuol dire essere il custode dei sogni e delle aspettative di tante persone. La prima volta che, da sindaco, ho indossato la fascia tricolore ho provato un’emozione immensa, indescrivibile. Un mix di gioia e grande senso di responsabilità verso i fiorentini, sia verso coloro che mi avevano votato sia verso coloro che non lo avevano fatto. Perché sono il sindaco di tutti, nessuno escluso.
Tra otto mesi ci saranno le elezioni amministrative a Firenze. In Toscana, il centrodestra è rampante e secondo i recenti sondaggi la Lega è il primo partito nella nostra regione. Quella che un tempo era la roccaforte rossa sembra svoltare verso il partito di Salvini. Quali saranno le sue mosse per resistere all’ondata verde che si sta riversando su Firenze?
Non ho mosse particolari, continuerò a lavorare con l’intensità e l’umiltà con cui ho lavorato fin da quando mi sono insediato. Proseguirò a fare sopralluoghi, visitare la città e intensificherò il rapporto con i fiorentini, soprattutto parlando con chi ancora non mi conosce. Proprio per questo il 1° ottobre scorso ho iniziato il programma ‘Uscio e bottega’, facendo visita alla signora Mirella, pensionata che vive nella zona di San Niccolò. Chi vuole ricevere la mia visita può inviarmi una e-mail all’indirizzo uscioebottega@comune.fi.it e io sarò molto contento di andare a trovarlo perché ritengo che sia il gesto più importante che debba fare un sindaco. È importante ascoltare i cittadini e farsi raccontare le cose che non vanno in città.
Sappiamo che una sua grande passione è suonare il violino. Da dove nasce? Al di fuori della musica, quali hobbies ha?
Non saprei concepire una vita senza la musica. Amo tutti i generi perché sono una persona curiosa anche se sono cresciuto con la musica classica, che considero la base di tutti i generi. Detto questo, mi piacciono molto gli sport all’aperto e le passeggiate in montagna. Quando ho un po’ di tempo mi dedico anche all’acquario che ho a casa e che curo personalmente insieme ai bambini.
Se le dico di pensare a Firenze, quale posto le viene in mente? Quale luogo della nostra città ricorda con piacere e a cui è particolarmente legato?
Mi viene in mente San Miniato al Monte perché è il simbolo della storia cristiana della nostra città. È uno dei luoghi da dove si gode una delle viste più belle di Firenze, che invita lo sguardo verso la piana e la Toscana centrale nei giorni in cui il cielo è terso. È un luogo che ti fa capire quanto la bellezza di Firenze abbia toccato punte ineguagliabili nella storia dell’umanità. Inoltre, è il luogo dove ho portato la prima volta la mia giunta subito dopo essere stato eletto. È il luogo a cui era affezionato anche un sindaco che amo molto, Giorgio La Pira.
Se potesse tornare indietro nel tempo, che consiglio darebbe al sé del passato? Cosa augura al sé del futuro?
Al sé del passato darei il consiglio di affrontare qualche sfida con meno arroganza, mentre al sé del futuro auguro di vedere i figli felici.