Firenze Capitale: breve storia dell’abbattimento delle mura cittadine

Nel 1864 Firenze si ritrovò Capitale del Regno d’Italia

Dopo solo quattro anni dalla nascita del Regno d’Italia, nel 1864 Firenze si ritrovò Capitale del neonato Stato nazionale: da secoli il prestigio economico della città non era più quello di una volta e Firenze era ben lontana da essere quella vera e propria potenza politica e finanziaria che spinse un Papa del tredicesimo secolo ad affermare che i Fiorentini, e in modo particolare i suoi mercanti, rappresentavano il “quinto elemento dell’Universo”.

Tuttavia, vuoi per la sua posizione strategica più lontana dal confine con la Francia, vuoi per il suo immenso patrimonio artistico e culturale, vuoi perché a Roma c’era ancora lo Stato Pontificio, la città iniziò a fantasticare su quale potesse essere il suo nuovo “look” da moderna capitale Europea, à la Parigi o Vienna dell’epoca. Inoltre, la struttura urbanistica della città doveva essere rivoluzionata per accogliere circa trentamila impiegati Piemontesi al seguito della Corte e dell’apparato burocratico e parlamentare: una sfida complicata per Firenze. La città si guardò allo specchio, e non tardò ad accorgersi di un difetto secondo lei fondamentale: le antiche, fuorimoda e medievali mura della città.

Fu l’architetto Giuseppe Poggi a progettare i lavori per lo sventramento delle mura

La cerchia muraria lascia molto presto il posto a larghi viali alberati, che dovevano avvolgere la città “vecchia” per unirla a quella “nuova”.

Lo stesso Poggi realizza il “Viale dei colli”, elegante percorso tra le colline a sud di Firenze impreziosito dal Piazzale Michelangelo.

La domanda sorge spontanea: ma si doveva davvero abbattere le mura? Non vi erano altre soluzioni praticabili? Le critiche, anche all’epoca, non mancarono. Bisogna dire, però, che l’architetto Poggi si oppose alla distruzione delle vecchie porte: chissà, forse avrebbe risparmiato anche le mura se solo avesse potuto.