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L’Estate Fiesolana segna un sold out per lo spettacolo “Palamede, l’eroe dimenticato”, ideato, scritto, diretto da Alessandro Baricco nell’unica data in Toscana.

Baricco

La magia dell’archeologia del teatro romano non è solo una mera scatola, bensì l’involucro che avvolge lo spettacolo, creando un’atmosfera perfetta. Un’ora e trenta che vola via come un soffio nelle sere fiesolane, dove permane l’odore di erba tagliata e di estate.

Rimosso da Omero, Palamede è recuperato da Baricco

Palamede l’eroe acheo dimenticato rivive davanti ad un pubblico, di ogni età, viene sedotto e coinvolto emotivamente dall’abile narrazione di Baricco, geniale nei panni di un antico aedo, che ci tramanda la storia “vera” dell’Iliade e ci svela segreti e retroscena sulla vera storia di Palamede, il valoroso personaggio omerico positivo, distruggendo così, il mito occidentale di Odisseo e restituendo all’eroe dimenticato il suo posto nella storia da grande protagonista quale era.

Lo spettacolo, dai tratti estremamente semplici, è un viaggio nella memoria storica dell’uomo, un ritorno alla classicità ed è legato a doppio filo alle vicende della guerra di Troia, ad Omero e ai capolavori a lui attributi: Iliade e Odissea. Denso di pathos, partecipazione emotiva di un pubblico che per un’ora e trenta non stacca il cuore dal palco.

Baricco ha voluto raccontare e riportare alla luce la vera storia di un personaggio lontanissimo di cui volutamente gli scrittori e aedi dell’epoca hanno cancellato le tracce e lo fa divinamente. Egli mette in scena il teatro narrante, ma non con la figura di un teatrante, ma quella dello scrittore stesso che per quasi un’ora è la Voce, meravigliosa, che argomenta il perché la sua attenzione è caduta su questa figura fino ad oggi ignota, srotolando così passo dopo passo tutta la vicenda, senza mai perdere quel filo ironico e aggiungendo una leggerezza di spirito ripresa dalla vita quotidiana. Si sorride senza mai interrompere il filo del discorso, senza mai allontanare la testa e il cuore dalla Storia.

Il tempo della narrazione passa dal passato al presente, confondendosi e fondendosi, ed è questa l’impronta magica e indiscutibile di Baricco. Un altro cambiamento, di cui egli è autore, è aver infranto la sottile linea tra racconto e spettacolo.

Più volte lo scrittore si sofferma su quanto la curiosità riguardo quest’uomo, il cui nome venne appena accennato durante una conversazione, incalzasse durante i suoi studi per portare in scena l’Iliade. E ancora, quanto sentisse crescere dentro di sè la voglia di conoscere meglio, approfondire e ricercare sulla figura di Palamede. Come se lo stesso Baricco volesse rendere giustizia a chi ha subito un’ingiustizia, attraverso un percorso nel quale Baricco ha assorbito Palamede e lo ha restituito al pubblico, ampliando la risonanza della sua personalità.

Lo spettacolo è un monologo dinamico, un condensato di gossip: frammenti lontani derivanti da molti testi antichi.

Primo atto

Si entra in scena con un gioco di luci, che accarezzano colonne di vetro di varie altezze, e di suoni, un suono di ingranaggi che stanno aprendo uno scrigno chiuso da secoli.

Baricco

Poi arriva lui, in camicia bianca e capigliatura in tinta.  Lo scrittore mette in scena la potenza della parola, con leggerezza, ci accompagna per mano nei versi dei poeti minori, dei sofisti, dei tragici greci, gli unici che ci hanno tramandato la storia di questo eroe sfortunato, ed alla fine Palamede, con una trovata registica di grande impatto, appare nello stadio come un fantasma in lontanza, dopo di lui  Palamede si trasforma e dalle parole si incarna in un corpo, che gli ridà voce e memoria.

 Secondo atto

Senza interruzioni, entra in scena Valeria Solarino, vestita da guerriero acheo con un abito rosso. L’ultima parte è un monologo straziante.

Baricco

É stata scelta per la sua bravura, ma sopratutto per la sua forza scenica e la bellezza classica e androgina, quasi mascolina che riesce a far uscire dalla scena, senza perdere la grazia femminile.

Una donna nel ruolo di un maschio? Palamede era un semidio e un uomo non avrebbe reso giustizia alla sua immagine, rifuggendo la personificazione.

Palamede/Solarino col suo monologo, adattato sul testo di Gorgia da LentiniIn difesa di Palamede”, dà voce all’innocente nell’arringa della sua difesa: punto dopo punto una lucida e razionale argomentazione senza sosta in cui analizza tutte le sue discolpe.

Una voce che dà credibilità ad un uomo, come se si materializzasse in carne e ossa sul palco oggi. Interpretazione appassionante, impressiona con grazia e fierezza, ammaliando lo spettatore, tanto è incalzante il ritmo.

Chi era Palamede

E’ rarissimo incontrare qualcuno che conosca il nome di Palamede, se non per gli addetti ai lavori. Grazie all’idea di Baricco, scopriamo che Palamede è uno degli eroi più misteriosi ed affascinanti della mitologia greca: un giovane bellissimo e un combattente coraggioso, figura leggendaria tra gli achei ai tempi della guerra di Troia.

Comandante acheo al pari d’Agamennone, amico d’Achille, più furbo d’Ulisse tanto da superarlo in astuzia, più bello del principe troiano Paride, rapitore d’Elena. Le fonti dell’epoca lo descrivono come un genio, la personificazione dell’intelligenza basata sulla ragione e sull’etica, potremmo dire che era un Leonardo da Vinci ante litteram.

A lui sono attribuite l’invenzione delle armi da guerra, dell’uso della parola d’ordine, della scrittura e dei numeri, l’uso della moneta e il gioco degli scacchi (creato per i soldati nei momenti di riposo).

Una specie di semidio (Figlio di Poseidone), integerrimo e colto: un benefattore della Grecia amato e stimato da tutti, quasi martire della sapienza laica che viene ingiustamente ucciso a causa dell’invidia e dell’odio che da sempre generano nelle persone mediocri, coloro che portano una visione del mondo nuova ed alternativa a quella tradizionale.

L’antagonsta di Palamede: Odisseo

Il suo antagonista è Odisseo, di cui Alessandro Baricco ci disegna un ritratto lontano dall’immaginazione dell’eroe che ciascuno di noi si ha imparato a conoscere sui banchi di scuola, distruggendo l’aura leggendaria di poliedrico: astuto e non intelligente, calcolatore, meschino e senza scrupoli, pavido, persino brutto, e mosso nell’animo dall’odio e dall’invidia tramerà contro Palamede causandone la morte. Inoltre Odisseo provava rancore verso di lui perché palamede aveva smascherato l’inganno di Odisseo per non partecipare alla guerra di Troia: si finse pazzo ma in realtà era solo una mancanza di coraggio.

Dopo questo spettacolo Odisseo, non ci sembrerà più lo stesso: Odisseo e Palamede sono i simboli di uno scontro tra èlite intellettuali, simboli di una lotta di potere tra visioni del mondo.

Uno scontro tra la visione omerica portatrice di un sapere tradizionale, del mito e legato alla divinazione e quella di Palamede più moderna più laica e razionale, a cui seguirà la nascita di Platone e dei “Filosofi”.

Questo spettacolo ci porta dentro il vivo della questione: l’eterno scontro tra scienza e religione, tra superstizione e ragione. Una lotta di potere in cui la visione omerica prevalse relegando Palamede ed il suo pensiero per sempre all’oblio.

L’invidia e gelosia di Odisseo

Condannato a morte ingiustamente per l’invidia e gelosia di Odisseo, il quale aveva antichi dissapori quest’ultimo lo denunciò di per aver venduto i piani di guerra achei ai troiani e di cospirare con Achille e Priamo (re dei Troiani) per togliere il potere ad Agamennone, uomo fragile nel fisico e nel carattere con mille ansie e proprio Odisseo fece leva su questo aspetto, sollevando dubbi sulla fedeltà di Palamede e di Achille. Odisseo portò false prove della colpevolezza di Palamede.

Agamennone fece allontanare Palamede e Achille, poi richiamo al campo Palamede e lo condannò con un processo sommario. I magistrati, che erano legati al potere di Agamennone lo giudicarono colpevole e lo fecero lapidare, senza ascoltare la profonda e sottile difesa del condannato.

L’esercito si divise in due: chi non alzò pietra e si girò per non vedere l’ingiustizia e chi invece, devoto ad Agamennone e Odisseo, lanciò la pietra accecati dalle bugie dei capi.

Da qui l’ira funesta di Achille, nel tornare e trovare il migliore amico morto, “un greco tra i greci, un benefattore della Patria”, lo porta a ritirare il suo esercito e a chiudersi nella sua tenda. Ancora una volta coloro che avevano un’idea diversa dal coro, vengono estromessi. In un modo o in un altro, i migliori pagano. E la delusione fu tanta che , nonostante l’editto di Agamennone per impedire di seppellire il corpo di Palamede, Achille gli rende omaggio con ogni tributo.

L’ancestrale legame con le radici del pensiero moderno.

Quando prevale una fazione, anche la storia e i mass media dell’epoca prendono una posizione netta, questa fu la sorte della memoria di Palamede: cancellato, vinto, abbattuto, e infine dimenticato.

Nessuno poteva parlarne, nessuno poteva menzionarlo pubblicamente.

Ma poiché anche i perdenti hanno una loro potente e affascinante vitalità, che l’uomo non può cancellare, nel sottofondo la sua storia venne mantenuta in vita dalla narrazione orale e poi scritta, arrivando fino ai giorni nostri attraverso tantissimi autori (Filostrato, III sec. a. C; Apollodoro, II-III sec d. C; Ditti Cretese 70-80 d. C, Euripide e i tragici greci che gli dedicarono ciascuno un’opera) che con le loro narrazioni per lo più sconosciute e meno ufficiali,  ebbero il coraggio di andare oltre al sistema di potere che imperversava all’epoca.

Euripide scrive di lui “abbiamo ucciso l’usignolo delle muse, colui che non faceva del male a nessuno”. Ancora una volta si sottolinea che Palamede era vittima del sistema di potere di allora.

La storia di Palamede si intreccia a quella dell’intellighenzia dei tempi di Omero, con cui la nostra cultura occidentale continua a confrontarsi e scontrarsi, perchè la Storia è sempre scritta dai vincitori senza pietà per i vinti, ma sopratutto perché dietro ad ogni civiltà ci sono interessi economici, politici, intellettuali e scontri tra saperi che lottano per avere la supremazia l’uno sull’altro. E chi vince, condiziona realisticamente la scena e l’opinione pubblica.

Concludo con le parole di Palamede:

“Nel disonore la vita muore, nell’ingiustizia la vita finisce”.

Forse, oggi più che mai, l‘opinione pubblica ha bisogno di dibattere, confrontarsi e approfondire per non cadere nella pochezza intellettuale e nella più bigotta accettazione della realtà, qualunque essa sia.

Baricco