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Saverio Marconi nella sua patria artistica in Variazioni Enigmatiche | INTERVISTA E FOTO

L’artista vestirà i panni di Abel Znorko, Nobel per la letteratura che ritiratosi a vivere da eremita in un’isola sperduta del mare della Norvegia si concede solo un rapporto epistolare con la donna amata

Saverio Marconi ritorna nelle vesti di attore di prosa nello spettacolo Variazioni Enigmatiche di Schmitt, in scena dal 28 al 29 Gennaio, nella suggestiva cornice della Sala della Musica dell’Hotel Relais Santa Croce di Firenze.

Il titolo dell’opera fa riferimento a Enigma Variations, composizione del musicista inglese Edward Elgar, composta da quattordici variazioni di una melodia, difficile da riconoscere.

Un testo enigmatico e complesso, che mantiene sempre viva l’attenzione del pubblico. È la storia del confronto fra due uomini: Erik Larsen, interpretato da Gian Paolo Valentini, e Abel Znorko, il quale concederà a Erik Larsen un’intervista che si rileverà solo un pretesto per mettere a nudo verità nascoste.

Saverio la tua carriera ha avuto inizio come attore di prosa ed è proseguita nel mondo cinematografico. Negli anni ’80 hai fondato la Compagnia della Rancia dedicandoti così al teatro musicale. Come è maturata questa decisione?

È venuta da sola, ho sempre avuto la passione e quando ho avuto l’occasione non l’ho lasciata sfuggire! Andando avanti con gli anni ho perfezionato tutti i meccanismi per poter migliorare il teatro musicale.

Hai firmato numerose produzioni e regie di musical di grandissimo successo, tanto da essere definito il re del musical in Italia. Ti è mai balenata, invece, l’idea di essere attore in un musical?

Mi piacerebbe tanto. Il problema è che non so cantare, sono stonato e quindi non potrei proprio. Se fossi stato intonato l’avrei fatto sicuramente anche perché nella danza me la cavo. Ho recitato però in Chorus Line, nel ruolo di regista che appunto non canta e dunque è andato benissimo.

Dopo anni di assenza calcherai il palco nuovamente come interprete. Dal 28 al 29 gennaio sarai impegnato presso la sala della Musica dell’Hotel Relais Santa Croce di Firenze in Variazioni Enigmatiche. Perché questa scelta?

Erano diversi anni che non recitavo e circa cinque anni fa, anzi sei, ho deciso di tornare sul palcoscenico e farmi dirigere. È un po’ come gli psicanalisti che si devono fare psicanalizzare. Era davvero importante per me mettermi dall’altra parte e farmi dirigere. È stata una grande esperienza. Il testo è bellissimo, non per nulla è il quinto anno che veniamo a Firenze. Ne sono veramente orgoglioso.

Il testo di Variazioni Enigmatiche è alquanto complesso. Che lavoro hai dovuto effettuare per calarti e rendere veritiero il tuo personaggio?

Questo personaggio un po’ mi rassomiglia, ciò nonostante, è stato abbastanza faticoso. La storia si svolge tutta nello stesso tempo, senza cambiamenti di luogo o di tempo. È una riflessione su quello che crediamo di essere e quello che effettivamente siamo.

Firenze è la tua patria artistica. Ti sei formato alla Scuola di Recitazione di Dory Cei poi al Teatro Studio del Teatro Metastasio di Prato. Quale emozione ti suscita tornare a Firenze?

È la mia seconda patria. Non sono nato a Firenze, ma la reputo una città importantissima per la mia vita e carriera. Sono cresciuto qui: ho fatto il liceo artistico, la scuola di Belle Arti, la scuola di recitazione e i miei primi lavori. Quindi, Firenze è un punto di riferimento importante per me.

Del periodo fiorentino quale ricordo hai a cuore?

La gioia più grande l’ho avuta quando mi sono iscritto alla scuola di Dory Cei ed un anno dopo ero protagonista di uno spettacolo a Bellariva. Allora esistevano i teatri estivi che realizzavano tutte le sere rappresentazioni. Nel primo spettacolo non ero coinvolto, facevo il taglia biglietti; nel secondo invece, ero il protagonista. È stata veramente un’emozione entrare nel mondo dello spettacolo in questo modo: prima dal basso e poi in scena.

Cosa ti piacerebbe realizzare e sperimentare?

Tra poco, tra un anno e mezzo, compio 70 anni. La cosa importante è sì continuare a lavorare se capita, ma soprattutto, tramandare, dare ai giovani delle dritte e avviarli ad una professione o ad una loro passione in maniera corretta e precisa. Non essere dei registi senza avere le intuizioni e lo sguardo giusto per questa professione.

Come sostieni i tuoi attori prima che entrino in scena?

L’unica cosa che conta è la concentrazione. Siccome in quei momenti bisogna rivivere quello che si è studiato, la concentrazione è la prima regola che serve per entrare in scena.

Ascolta l’intervista integrale a Saverio Marconi

Il sito web ufficiale di Saverio Marconi:

http://www.saveriomarconi.it/