Non stupisce affatto che da due stagioni, lo spettacolo, registra in ogni Teatro il sold out, con più di 72.000 spettatori e 108 repliche nei 5 mesi della prima stagione.
Recensione “Calendar girls”
Personalmente ho assistito ad uno spettacolo esaltante, commovente ed ironico, guidato dalla regista Cristina Pezzoli, con sei fantastiche donne sul palcoscenico: Angela Finocchiaro, Laura Curino, Ariella Reggio, Carlina Torta, Matilde Facheris, Corinna Lo Castro, Elsa Bossi e Noemi Parroni e due uomini: Titino Carrara e Marco Brinzi, questi ultimi che hanno ben esaltato la figura delle donne. Lo spettacolo è un continuo crescendo di emozioni, dall’ironia più semplice a quella più pungente tipica dello humor britannico, fino alle scene intrise di emozione e commozione, per esempio, quando Annie (Laura Curino), si prende amorevolmente cura del marito John (Titino Carrara) ammalato di leucemia, che non perde il suo sorriso, ma che a poco a poco si spegne lasciando nel dolore la moglie che, perdendo lui, sente lei stessa di perdere la vita. La sferza per risollevarsi viene data da Chris (Angela Finocchiaro), che coinvolge con passione le sue amiche compresa Annie alla realizzazione di un calendario come erano solite fare tutti gli anni per il Women Institute, con la differenza che i soggetti dei mesi, non sarebbero stati Chiese e cimiteri, bensì i loro maturi e consapevoli corpi. Nonostante le prime reticenze tutte si mettono in gioco per questo calendario a raccogliere i fondi per acquistare un divano per l’ospedale dov’era stato ricoverato John. Non posso dire di aver preferito un’attrice o attore piuttosto che un altro, ma senza dubbio Ariella Reggio, personalmente, è sinonimo di classe e ilarità, nel ruolo di una maestra in pensione che si mette in gioco con un calendario a scopo benefico. Donne che consapevoli o meno della propria femminilità, che si mettono in gioco svelando le loro nudità vere e non perfette, in un turbinio di sentimenti, risate e sensazioni varie. La simpatia di queste donne cattura l’intero pubblico, la loro genuina spontaneità, l’essere delle donne pensanti, consapevoli del proprio corpo e della propria individualità, rende merito ad uno spettacolo, tratto da una storia vera accaduta nello York Shire, eccellente, vero e strepitoso, tanto che anche per l’ultima sera al Teatro Verdi, si è registrato il sold out.
La mia emozione
La cosa che mi ha colpito tra tante, oltre la gioiosa partecipazione del pubblico a tale spettacolo è il simbolo che ho notato emergere da questo spettacolo. Non rose o mimose, bensì girasoli, fiori estranei al terreno inglese e alla cultura della femminilità. I girasoli e la loro vitalità, una simbologia molto pertinente, delicata e nel contempo incisiva. Infine un ringraziamento a tutti coloro che, lavorando dietro le quinte, meritano un sentito applauso per il lavoro che ogni sera rendono impeccabile con non poche fatiche.