Fino al 2 aprile sarà sul palcoscenico del Teatro della Pergola lo spettacolo “Ciao” tratto dal libro di Walter Veltroni e messo in scena dalla Fondazione Teatro della Toscana, con la regia di Piero Maccarinelli e interpretato sublimamente da Massimo Ghini nel ruolo di Walter Veltroni
“Ciao” , una trasposzione scritta nero su bianco
Un incontro tra un padre e un figlio, un incontro immaginato e tanto agoniato tra due generazioni dove la storia del nostro paese scorre come filo conduttore legando i ricordi di un bambino alle esperienze vissute di un padre.
In un giorno di agosto il padre (interpretato da Francesco Bonomo) morto all’età di 37 anni si materializza ancora giovane di fronte al figlio (Massimo Ghini), ormai sessantenne, che lo ha sempre cercato. È un racconto sull’assenza, sul bisogno di relazione fisica dove potersi specchiare e ritrovarsi, sulla dolorosa bellezza della ricerca delle radici della propria vita. Si incontrano, nel palazzo dove hanno trascorso le loro vite. Sono due persone che hanno età rovesciate rispetto ai ruoli, un figlio maturo e un padre giovane.
Una trama autobiografica
Il padre è un ragazzo con la: brillantina nei capelli, e il figlio ha quasi il doppio dei suoi anni, ha vissuto molto di più, ha esperienza da vendere. Un figlio che ha idealizzato il padre come mito nell’ottimismo della nuova Italia.
Il figlio vuole capire e giudicare le scelte fatte dal padre nel corso della sua breve vita, segnate in parte dalla Storia che si svolgeva nell’Italia durante la Seconda guerra mondiale e nella fase post bellica. Cerca di comprendere se e come l’aveva immaginata, come gli amici gliela avevano raccontata. Cerca risposte e domande che per una vita intera ha solo pensato. Un figlio che giudica e interroga il padre per le scelte politiche fatte inconsapevolmente nell’epoca del fascismo. Nel dialogo tra queste due creature, che si svolge in un irreale tramonto che non finisce mai durante una giornate di agosto in una Roma lenta e solitaria. Sono due Italie che si incrociano e due generazioni che si confrontano: quella del padre, che ha partecipato alla rinascita del paese nel secondo dopoguerra, e quella del figlio, che ha partecipato ad una stagione dove molti degli ideali nati nel dopoguerra sono entrati in crisi, fagocitati dal consumismo e dalla società frenetica, vite insoddisfatte dove non esiste più una foto di gruppo spontanea e sincera ma solo selfie plastici e siliconati.
“Ciao” un libro autobiografico” scritto da Walter Veltroni
“Ciao” è il libro autobiografico scritto da Walter Veltroni. è andato in scena in Prima Nazionale venerdi 24 marzo dove il pubblico era in trepida attesa, spinto dalla curiosità e l’aria che si respirava era di naturale accoglienza, un pubblico dedito all’ascolto dell’emotività di un rapporto padre figlio mai vissuto. La domanda sorge spontanea: c’è davvero bisogno di conoscere fisicamente una persona per poterla amare? Sorge spontaneo anche pensare se quello che si è visto in scena è una narrazione di storia o un racconto di vita? Sembra quasi uno spettacolo con pretese didattiche e incentrato ad un pubblico scolastico, che ignora la storia della rinascita post guerra dell’Italia: la fondamentale esistenza della radio, il passaggio alla TV come unificazione di un paese lacerato, le prime immagini di Sanremo, chi era Mike Buongiorno o Alberto Sordi agli esordi, l’unione d’amore e di odio tra Coppi e Bartali. Tutte scene e filmati storici che passano sulle finestre della scenografia minimalista e curata nei dettagli vintage. Ma forse la grande bellezza dello spettacolo sta anche nella spinta che si trova nel confrontare la gioventù degli anni 50 con quella di oggi. Giovani che avevano visto morire e rinascere un paese, che ridevano spensierati perché avevano visto e vissuto il peggio e avevano avuto la fortuna di esserne uscit vivi, con la fame di allegria nelle vene.
Un visibile Walter Veltroni emozionato in platea
Massimo Ghini sviluppa a pieno e intensamente la personalità del giovane Veltroni, entrando in profondità nei sentimenti, lavorando sulla intimità di uomo e curando gli atteggiamenti e l’espressività, ciò denota che a monte c’è una complicità che va oltre il mero studio del copione. Ghini si supera e porta in scena anche la sua umanità di Padre ma prima di tutto di figlio. La sua emozione traspare durante lo spettacolo, come è normale che sia. Commovente l’abbraccio fra Ghini e Veltroni al termine dello spettacolo con un lungo applauso del pubblico rimasto molto sopreso e contento dell’intensità della rappresentazione.
Veltroni che sul palco si sente fuori posto, come nudo davanti agli occhi di un pubblico che ora lo conosce intimamente.
Francesco Bonomo che impersona la figura del padre è molto rigido nei panni del padre, una figura quasi stereotipata dell’uomo anni 40, imbalsamato sotto la brillantina. Un padre poco coinvolto nell’emotività del figlio, quasi fosse un grillo parlante che torna per lavare la memoria del figlio, bellissima la frase conclusiva “essere per te senza poter essere”. Qui si cela l’ultimo rimpianto, quello di non aver visto crescere un figlio ma sapere di non averlo mai abbandonato.
Lasciare una traccia di sé stessi, durante il cammino della vita
Alla fine quelli che conta è lasciare una traccia che nessuno potrà mai cancellare, ed è il senso profondo della vita quello di amare quello che si fa consapevolmente. Anche se la morte potrà portare via un corpo non potrà mai eliminare quello che si è seminato. Il timore che traspare è quello che la libertà e il futuro del paese siano compromessi dall’ignavia e del pressappochismo delle nuove generazioni che niente conoscono di se stessi e del loro paese. La politica e qui elevata a missione civica, un donarsi per una società migliore.