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Gervasoni: “Dopo Piazza San Giovanni nuova fase nel Centrodestra. Dalla crisi economica nuove forme di populismo. Riforme? Non si può più indugiare sul presidenzialismo. Craxi…”

Marco Gervasoni è professore di Storia contemporanea all’Università del Molise. Gervasoni ha pubblicato un nuovo libro “La rivoluzione sovranista” che presenterà il 7 novembre a Firenze. Queste le sue riflessioni a Sei di Firenze se.

Un evento di rilievo per la politica italiana è la manifestazione di Piazza San Giovanni. Cosa ne pensa?

“È stata innanzitutto una manifestazione sicuramente ben riuscita. Persino Repubblica non ha avuto nulla da dire né sui numeri né su saluti romani e quant’altro. Anche perché i numeri sono chiari e perché di saluti romani non ce ne sono stati. È andata molto bene pensando che alcuni anni fa la Lega – seppur con il contributo importante di FdI e FI – non avrebbe potuto portare tante persone da tutta Italia e per di più a Roma. Non solo. Piazza San Giovanni ha siglato il ritorno all’unità del Centrodestra. Fino a due mesi fa, un partito dei tre era al governo, gli altri due all’opposizione. Adesso è stata ritrovata l’unità. Il terzo punto saliente riguarda Berlusconi. La sua è stata una presenza molto importante ed ha segnato il riconoscimento di un passaggio. Berlusconi non aveva mai riconosciuto ad altri la leadership del Centrodestra ed è invece successo. Poteva prendere altre strade, non era stato trattato bene da Lega e Fdi e invece ha scelto di partecipare. Non è quindi un’alleanza solo per Regionali ma si prospetta qualcosa di più strutturato”.

“Berlusconi non aveva mai riconosciuto ad altri la leadership della coalizione”.

Il Centrodestra è pronto per la prova di governo. Quali contenuti dovrebbe inserire nel programma?

“Non stiamo parlando di persone che ignorano cosa voglia dire governare. La Meloni ha governato, Salvini è stato ministro, Berlusconi non ne parliamo. Si tratta in parte di porsi in continuità con quanto fatto dai governi di Centrodestra. Ripensando alla piazza di sabato, Berlusconi ha iniziato ad essere fischiato dai leghisti quando ha parlato delle sue esperienze di governo. C’è quindi anche una voglia di discontinuità da certi punti di vista. Sull’Europa, per esempio, non vedo un ostacolo perché anche Berlusconi ha avuto un rapporto conflittuale con l’Europa e il suo partito non è tutto appiattito su posizioni europeiste”.

Uno sguardo al suo nuovo libro “La rivoluzione sovranista”. Nel suo saggio si parla del decennio che ha portato all’emersione del sovranismo.

“La crisi ha sconvolto le società occidentali. Non si capisce la crescita del sovranismo se non si segue la crisi che è stata pesante e globale. I movimenti sovranisti non possono essere spiegati solo da un punto di vista economico però. Perché la crisi è stata superata ma ha provocato una nuova dislocazione sociale dove i movimenti sovranisti devono soppiantare la destra tradizionale”.

Marco Gervasoni presenterà il suo nuovo libro il 7 novembre a Firenze.

Secondo alcuni osservatori, tra cui Giovanni Orsina nel suo “La democrazia del Narcisismo” il populismo è un fenomeno con radici lontane.

“Se si pensa al fenomeno Berlusconi fin dal ’94 è un esempio di populismo sebbene lui rifiuti questa definizione che comunque non è un’etichetta infamante. Prima del 2007-2008 si trattava di fiammate che poi rientravano nel sistema mainstream. Non è più così oggi. Tutti i sistemi sono stati forzati. Si vota più spesso. In Germania si governa solo con una grande coalizione. I sistemi politici sono andati in crisi e parallelamente si sono affermate delle leadership con l’uomo forte. Anche nella patria del parlamentarismo, l’Inghilterra, Boris Johnson si presenta come uomo forte”.

Leggi l’intervista di Giovanni Orsina.

C’è ancora tempo per le riforme? Ci sarebbe consenso?

“È dal 1987, quando seguivo il PSI di Craxi, che se ne parla e che lo sostengo. Già l’Italia degli anni 80′ ne aveva bisogno il Paese. Oggi potrebbe essere una soluzione. Ci sono mille forze però che cercherebbero di impedirlo. Anche solo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica sarebbe un passo in avanti. Per un governo di Centrodestra dovrebbe essere una priorità. Per Forza Italia è un cavallo di battaglia, poco tempo FdI raccoglieva le firme, per la Lega era previsto nella tanto agognata riforma del 2006. Oggi è ancora più necessario. Le ultime riforme costituzionali però non hanno fortuna. C’è un forte conservativismo costituzionale. Io non credo che sia la più bella del mondo, ma ci sono tutte le forze della conservazione che la difendono – che non sono quelle conservatrici – perché questa gli consente di fare operazioni simil Giuseppe Conte. Una sorta di scudo protettivo. Senza riforme un sistema può saltare. Persino una svolta autoritaria oggi, stante la crisi del parlamentarismo, è meno impensabile rispetto a prima”.

Quest’anno ricorreranno i venti anni dalla morte Craxi. Come mai il Paese e la Sinistra non riescono a fare i conti con Bettino?

“L’Italia, secondo me, i conti li ha fatti. Il Paese ha superato la damnatio memoriae costruita intorno a Craxi. Una grossa fetta dell’Italia ne darebbe un giudizio positivo. C’è invece una parte della classe politica che lo osteggia, soprattutto le forze giustizialiste come il M5S. Per quanto riguarda gli eredi del PCI c’è una logica. Ammazzare politicamente ma non solo perché forse avrebbe vissuto di più (c’era l’Ulivo allora) e non ha preso certe decisioni. È sempre una sorta di senso di colpa. I postcomunisti hanno un senso della moralità molto basso ma recuperare lui è stato difficile perché nel frattempo è stato recuperato prima da FI poi, seppur in parte, dalla Lega.

Leggi l’intervista di Stefania Craxi.

C’è poi un altro aspetto: dal 92′-93′ Bettino Craxi non ha taciuto. Sappiamo cosa ha scritto di Prodi e di D’Alema. Craxi non è nemmeno recuperabile come Europeista. Aveva molti dubbi anche sul trattato di Maastricht. Scrisse negli anni degli interventi critici sull’Unione. È una figura complessa per la sinistra di oggi. La Lega lo sta timidamente riscoprendo. L’MSI aveva una posizione di modesta simpatia perché Craxi è stato il primo a invitare alle consultazioni l’MSI che prima ne era escluso. Fu ovviamente attaccato dal PCI e da Repubblica. È curioso notare come i nemici del Centrodestra di oggi siano gli stessi di Craxi. C’è una continuità in questo”.