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Melandri Live in Florence

Esattamente un anno fa se ne andò l’ultimo degli zingari: Gastone Moschin.

Non ci resta che sorridere quando si pensa a colui che venne definito il “signore della commedia all’italiana” per il suo stile e la sua eleganza.

L’architetto inguaribilmente romantico Rambaldo Melandri (letteralmente il ruolo della sua vita) è senz’altro il personaggio a cui deve la massima popolarità, in mezzo a tanti generi e tante interpretazioni sublimi.

Come dimenticarsi l’interpretazione del bieco Don Fanucci nel “Padrino II” del 1974 o quella nel 1972 dell’ambiguo Ugo Piazza nel celebre noir “Milano calibro 9”, uno dei film capostipiti del genere poliziesco di Fernando Di Leo in cui, al fianco di Moschin, recitavano Barbara Bouchet e Mario Adorf.

Da un anno i cinque amici sono di nuovo tutti insieme, in viaggio, così senza una meta, per cercare qualcuno di cui prendersi gioco. Oggi, 4 Settembre 2018, abbiamo voluto che il Melandri si sentisse di nuovo zingaro perché, come diceva lui: “Ehh so’ una sega… ad uno zingaro quando gli gira, gira!”

L’iniziativa della Pagina Facebook Conte Raffaello “Lello” Mascetti, con la collaborazione di FirenzeArt Gallery

Così la Pagina Facebook Conte Raffaello “Lello” Mascetti, con la collaborazione di FirenzeArt Gallery hanno pensato di far rivivere il Melandri nei luoghi del film che sono diventati un vero e proprio cult, dalla tomba di Adelina al Bar Necchi, dallo scantinato del Mascetti fino alla farmacia delle compresse di cefalo, storico esercizio dell’Oltrarno fiorentino che oggi purtroppo è ancora a rischio chiusura.

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Questa divertente e “romantica” serie di scatti fotografici di Diego De Conno e le digisculture a grandezza naturale realizzate da Andrea Tirinnanzi vogliono ricordare Gastone Moschin “come se fosse” sempre con noi grazie all’iniziativa “Melandri Live in Florence”, perché anche se sono passati 43 anni dal primo atto degli “Amici Miei” e 36 dal secondo, entrambe le pellicole sono ancora attualissime e, specialmente a Firenze, si respira tutt’oggi l’amore per i personaggi, per le loro le zingarate e naturalmente per le famigerate supercazzole: una poesia del grande cinema che fu.