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Per analizzare un fenomeno di crescente rilevanza sociale come la violenza contro le donne, abbiamo parlato con Cinzia Vitale, dott.ssa in sociologia e scienze criminologiche.

Cinzia, grazie per aver messo a nostra disposizione la tua esperienza. Aiutaci a inquadrare il fenomeno.

La violenza contro le donne rappresenta un problema sociale e culturale ancora radicato e non contrastato efficacemente. L’Italia ha fatto un passo avanti ratificando nel 2013 la «Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica», redatta dal Consiglio d’Europa nel 2011. Nel testo l’approccio al tema della violenza è fortemente legato a quello della discriminazione di genere rispetto a violenza fisica e psicologica, sessuale, stupro, mutilazioni genitali, aborto forzato, molestie sessuali, stalking. Aspetti del fenomeno che hanno bisogno di approcci differenziati ma che hanno in comune la necessità della rapida ed effettiva messa in atto delle misure previste. La struttura di questa convenzione è basata su quelle che vengono definite le 4 P ovvero prevenzione, protezione e sostegno alle vittime, procedimento contro i colpevoli, politiche integrate.

Da cosa nasce? È frutto di particolari devianze dall’uomo?

Ciò che riempie le cronache è il dato sulla violenza intra-familiare rivolta a donne offese. Non in quanto donne ma in quanto moglie, compagna, o madre che decide di allontanarsi da un uomo che non ne accetta il distacco. Questo induce ad un errore di valutazione del fenomeno, ovvero pensare che il dato sia un’esclusiva di certe realtà sociali stereotipate. La donna vittima di violenza può essere chiunque: la vicina di casa, la donna con una posizione sociale affermata, la donna colta, la donna giovane, la donna matura, l’amica che nonimmagini. Il fenomeno è trasversale perché trasversale è l’uomo maltrattante e le mura domestiche sono ancora omertose. L’atteggiamento deviante di chi maltratta è quello di minimizzare e la ciclicità dei comportamenti che mette in atto vanno conosciuti: dall’isolamento dalle relazioni, compresa la famiglia di origine della vittima, alla dipendenza economica, alla mortificazione verbale.

Come si può prevenire la violenza sulle donne?

L’idea di quello che viene detto raptus improvviso regge poco anche statisticamente. Gli indicatori all’interno del nucleo familiare spesso ci sono ed è su questi che si deve iniziare a fare informazione. Quello che erroneamente viene catalogato sotto la voce femminicidio purtroppo si palesa numericamente, ma il reticolo del “non detto” di chi vive accanto ad un uomo maltrattante, che metta in atto un controllo fisico o psicologico, rasenta numeri da brivido e con i quali gli addettiai lavori devono fare i conti. Lo chiamiamo dark number: il dato non emerso.

Se l’approccio alla prevenzione non lavora su più piani non funziona e le strumentalizzazioni di ogni sorta sono parecchie. Serve una sinergia sul piano culturale, psicoeducativo e sicuramente giuridico. Le direttive internazionali dicono che ci deve essere la messa in sicurezza della vittima, bisogna vedere come e in quanto viene messa in atto, aggiungo io. Se si chiama prevenzione vuol dire che va fatta prima. È importante sapere cosa fare e dove andare non solo se si è vittima di maltrattamenti, ma anche se si diventa confidenti di qualcuno che ci chiede aiuto. Il “fai da te” non funziona, bisogna che la vittima non finisca per sentirsi tale per la seconda volta.

Gli uomini. Anche loro possono fare la loro parte? Come? Dal lato della vittima invece, come ricostruire la sua vita?

Trovo efficaci i modelli positivi, soprattutto da parte degli uomini. Il CAM (Centro ascolto uomini Maltrattanti) ad esempio, tra le altre tipologie di aiuto, svolge un lavoro psicoeducativo sull’uomo. Le campagne antiviolenza non possono essere indirizzate alle sole donne, non perdiamo di vista chi è la vittima. Vanno inoltre migliorati i canali comunicativi per non assuefarsi alle notizie di cronaca come se la violenza fosse ormai un dato di fatto appartenente alla normalità.

È necessario conoscere quali siano i servizi di riferimento, come i centri antiviolenza, e continuare a formare professionalmente coloro che sono addetti all’accoglienza delle richieste di aiuto in ogni settore. Competenza, rapidità e rete sono fondamentali. E indiscutibilmente migliorare ancora la legge e i tempi di applicazione. E soprattutto non da sole perché a quell’ultimo appuntamento chiarificatore con un uomo che è stato violento non bisogna andarci. Non c’è esperto del settore che sia tanto penetrante come gli occhi pieni di vita di una donna che è uscita da un contesto di violenza.

Qualche volta la sofferenza non può essere evitata, ma certamente si può evitare di rimanerci dentro. Non c’è donna al mondo che meriti una vita accanto ad un uomo che la maltratti.

Cinzia Vitale, violenza contro le donne

Foto realizzate da Cristina Masoni