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Chi lo direbbe mai che ciò che all’apparenza può sembrare un semplice disegno per ornare una piazza, racchiuda invece un importante significato che ha dato origine a tanti modi di dire?

Passeggiando per centro storico Firenze sono molte le strade e le piazze che incontriamo e che racchiudono dei simboli ormai molto famosi. Spesso ci passiamo di fronte e nemmeno ci facciamo caso perché li abbiamo sempre visti e quindi li diamo per scontati, tuttavia la nostra meravigliosa città racchiude tanti dettagli e leggende che spesso non conosciamo. Può capitare di aver sempre avuto sotto il naso un simbolo da cui derivano molte espressioni dialettali e colloquiali che comunemente usiamo  senza sapere che la loro origine è molto antica.  Un esempio? La loggia del Porcellino. 

Originariamente chiamata “Loggia del Mercato Nuovo” fu costruita a metà del XVI secolo su progetto di Giovan Battista più o meno a metà strada tra due luoghi simbolo di Firenze: Piazza della Repubblica e Ponte Vecchio. Qui inizialmente venivano venduti oggetti pregiati e preziosi e le venne dato quel nome per distinguere questo “nuovo” mercato da quello “vecchio” che si svolgeva nella vicina piazza. Tuttavia oggi è meglio conosciuta come “Loggia del Porcellino”.

La statua raffigurante l’animale, che noi fiorentini sappiamo bene essere un cinghiale, è diventata talmente tanto famosa che la maggior parte delle persone si reca lì solo per vedere questo simbolo e toccarne la lingua sperando che porti un po’ di fortuna. In pochi sanno però che sul pavimento, al centro di questa loggia, sepolto dalle bancarelle dei mercanti, si trova un disco di marmo bianco e verde. Tale disco è una riproduzione a grandezza naturale dell’antico Carroccio che nel medioevo era considerato il simbolo della Repubblica e della Libertà e attorno al quale si radunavano le truppe fiorentine che al suono della “martinella” sarebbero partite per andare in battaglia.  

Proprio in quel luogo, storicamente e affettivamente importante per i fiorentini veniva eseguita una delle più umilianti, scoraggianti e demoralizzanti pene che i giudici del Bargello potessero far scontare ad un soggetto condannato come frodatore, fallito, debitore o falsario: l’acculata.