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Una storia di tormento e di amore, tragica e commovente, che turba e che fa riflettere

Riprende dopo la pausa natalizia al Teatro del Maggio di Firenze la stagione operistica proposta dall’Orchestra e dal Coro del Maggio Musicale Fiorentino sotto la guida del suo Direttore, il Maestro Fabio Luisi. Il 2019 è stato inaugurato ieri sera con la prima di Der fliegende Holländer di Richard Wagner. La messa in scena dell’Olandese volante, in un teatro pieno e affollato, ha riscosso senza dubbio un buon successo e le prossime date in programma (13, 15 e 17 gennaio) non deluderanno gli appassionati d’opera.

Il regista Paul Curran, che ha deciso di ambientare le scene negli anni Venti del secolo scorso, dimostra di essere all’altezza dei grandi allestimenti che da sempre hanno caratterizzato le rappresentazioni del compositore tedesco: quinte semplici e arredi di scena essenziali ma precisi, una grande presenza scenica dei personaggi e del coro (con momenti davvero ben riusciti), proiezione di video che contribuiscono a fondere il pubblico con la storia narrata. Fabio Luisi, tramite la sua direzione appassionata e precisa, governa l’orchestra con decisione e instaura con i cantanti un rapporto diretto, che in sala si percepisce concretamente. Un cast che, se non si sottrae a qualche inconveniente da prima esecuzione, è finalmente degno della sua orchestra: spiccano per precisione il basso baritono Thomas Gazheli (l’Olandese) e per la bravura e la presenza scenica il basso Michail Petrenko (il marinaio Daland), mentre la soprano Marjorie Owens (sua figlia Senta) è impeccabile.

Ed i personaggi principali della vicenda sono così esauriti: la storia, una triangolazione di sentimenti, desideri e brame, si regge proprio su di loro tre. Non si tratta in effetti di una delle opere più rappresentative di Wagner – o almeno di ciò che Wagner rappresenta per la storia della musica – ma nell’Olandese volante il compositore di Parsifal, Lohengrin, Tristano e Isotta e della saga dell’Anello del Nibelungo è già riconoscibilissimo: presa di distanza dalle forme chiuse che vengono piegate verso una melodia senza interruzioni e costruzione della partitura intorno a quei ‘temi-reminiscenza’, quei Leitmotiv, ovvero le melodie che accompagnano con la musica un personaggio, un oggetto, una situazione, un’idea ogni volta che si ripresenta nella trama della storia, intrecciandosi l’uno sull’altro in un potente e meraviglioso groviglio. Musica, parole e gesti sono un tutt’uno, pezzi di un poderoso ingranaggio che serve ad impressionare lo spettatore, a coinvolgerlo e a chiamarlo in causa nella rappresentazione.

La storia è quella di un amore tragico, ma non sconfortante, piuttosto luminoso e pieno di speranza. La trama si rifà ad una leggenda diffusa tra i marinai del Nord Europa che narrava di come un’oscura maledizione era scesa su una misteriosa nave abitata da spiriti e che alcuni dicevano di avvistare con regolarità ogni sette anni, tra i flutti di una tempesta. L’Olandese volante di Wagner è una nave abitata da fantasmi, condannata a navigare in eterno a causa della bestemmia: il suo capitano, non riuscendo a doppiare il Capo di Buona Speranza, aveva imprecato contro Dio e per questo era stato condannato con tutto il suo equipaggio a vagare nell’oceano in eterno; ogni sette anni la nave attracca in un porto e il suo comandante va in cerca di una donna che con il suo amore puro e incondizionato è la sua sola possibilità di salvezza. Di quelle che ha incontrato, nessuna è stata capace di giurare di essergli fedele fino alla morte. Così il viaggio continua sempre più cupo e sempre più rabbioso.

Il marinaio Daland tornando a casa si imbatte in una terribile tempesta dalla quale emergono la nave fantasma e il suo sconsolato e inquietante capitano che chiede ospitalità. Daland è generoso e sciocco, ma non sprovveduto: l’ospite offre un intero baule di pietre preziose ed oro per ripagarlo e Daland scopre così di aver trovato un ottimo e ricco sposo per sua figlia Senta, che lo attende a casa. Si avvia così la vicenda che si complica in un aggrovigliarsi di sentimenti, di desideri morbosi e di brame inconfessabili che riescono però a trovare un loro equilibrio in personaggi che appaiono psicologicamente del tutto realistici, pur nell’assurdità della loro natura e delle loro parole: una folla di marinai e di ragazze che non vedono l’ora di rincontrarsi e di festeggiare insieme tra alcool e danze; un fantasma impaurito dall’amore, ma ancor più dal dolore; una giovane donna preda di una morbosa infatuazione per un ‘amore di lontano’ che non ha mai visto, ma che sa bene sarà il suo destino; un padre pronto a vendere la propria figlia, ma che in fondo crede così di assicurarle la felicità; un pretendente allibito che non riesce a comprendere come tutto questo possa accadere. Su tutto aleggia l’incantesimo, gli incubi e le paure dei marinai che sanno come nel mare profondo si nascondano mostri terribili e le tombe scoperchiate, in passato come oggi, di troppi uomini.

L’amore incondizionato come mezzo per raggiungere la redenzione: questo il tema dell’opera. Un amore però che nel momento stesso in cui esprime il suo massimo potenziale, nega sé stesso, tramutandosi in morte e privandosi la possibilità di essere vissuto, almeno in questa vita. L’amore romantico per eccellenza, portato alle sue estreme conseguenze; non sperimentabile e non esperibile e dunque, proprio per questo, puro, massimo, eterno, superiore.

Una scelta preziosa per il pubblico di Firenze: Wagner è rappresentato sempre troppo poco dalle nostre parti seppure la tradizione delle sue messe in scena in Italia (e a Firenze) sia invidiabile. Un’opera che infine parla una lingua che tutti conosciamo, una lingua che potrebbe apparire trasandata, chiusa nelle sale di teatro frequentate solo dagli appassionati, ma che in realtà ci viene incontro in tante altre forme nel nostro mondo: la storia dell’Olandese volante di Wagner non è in fondo la stessa raccontata da Disney in La Bella e la Bestia o dalla Maverick in Twilight? E per l’appunto ‘Olandese volante’ non è il nome della nave di fantasmi guidata prima da Davy Jones e poi da Will Turner nella saga dei Pirati dei Caraibi?