Impenetrabili torri d’argento XXII
Culla del Rinascimento, ma non solo…
La culla del Rinascimento, la città di Lorenzo il Magnifico, di Michelangelo, di Leonardo. La città dei Medici, la città di Dante. Firenze è universalmente conosciuta per tutto questo. E se ognuno di noi dovesse descrivere la città ad uno straniero che ne sa molto poco, certamente utilizzerebbe questi riferimenti internazionali, conosciuti da tutti nel mondo.
Solo in un secondo momento, dopo aver elogiato quella preziosa convergenza di uomini, idee e risorse che chiamiamo Umanesimo, andremmo a pensare ad altri periodi che hanno fatto grande la città del giglio: Firenze capitale d’Italia, Firenze salotto intellettuale, Firenze culla della lingua italiana, Firenze città del teatro, Firenze città della moda, eccetera.
Firenze medievale
Raramente ci verrebbe in mente di ricordare quei secoli del Medioevo – il Dugento e il Trecento – nei quali tuttavia la città è cresciuta come mai aveva fatto e nei quali ha gettato le basi della sua futura gloria. Ma a nessuno verrebbe in mente di ricordare secoli ancora più antichi, o perché anche noi ne sappiamo poco o perché, giustamente, in quei periodi la città non era famosissima, né ricchissima, né rinomata per qualcosa in particolare.
Il passato è sempre migliore
Eppure anche per un fiorentino del Medioevo esisteva un tempo antico da elogiare, in cui si credeva che la città fosse stata migliore, più pura, capace di imporre, non con la forza del denaro, ma con quella del comportamento dei suoi abitanti, la propria fama su tutta la Toscana e su tutta l’Italia.
Dante e Cacciaguida
“Ciascun che de la bella insegna porta / del gran barone il cui nome e ʼl cui pregio / la festa di Tommaso riconforta, / da esso ebbe milizia e privilegio”. Per il grande Dante, il periodo di gloria della città era stato quello del proprio trisavolo, Cacciaguida, incontrato nel suo lungo viaggio nell’aldilà. Ma per Cacciaguida, cui appartengono queste parole, tutto ciò che di fiero e di onorabile esisteva nel suo tempo discendeva a sua volta da un’epoca ancora più antica, un’età fatta di ferro, nella quale vivevano quegli uomini, eccellenti nella guerra e nella religione, che avevano fondato la grandezza di Fiorenza.
Il “gran barone” che donò la sua “bella insegna” alle famiglie più nobili della città, e che aveva legato il suo ricordo a quello della festa di san Tommaso (questo il senso delle terzine dantesche) è quello che, con le parole di Dante, potremmo definire il fondatore morale di Firenze.
Ugo figlio di Uberto figlio di Ugo, marchese di Toscana
Ugo di Toscana, il suo nome, fu marchese di Tuscia (l’antico nome della Toscana) alla fine del X secolo, trecento anni prima che Dante nascesse. La Toscana in quel tempo era una ‘marca’ dell’impero, una provincia dotata di un particolare statuto amministrativo e militare, che l’imperatore preferiva fosse direttamente controllata da uomini di fiducia. E tale fu Ugo: fedelissimo dei sovrani della casa di Sassonia, Ottone II e Ottone III, delle cui politiche fu il principale esecutore nell’Italia centrale.
Ugo il Pio
Le fonti parlano del marchese come di un uomo religiosissimo e attivo nella fondazione e nella sovvenzione di abbazie, chiese, monasteri in tutta la Toscana; ed anche questo faceva parte della sua politica, vicina agli interessi dell’imperatore. Ugo, come tutti gli Ottoni, sostenne con forza la riforma della Chiesa che veniva propugnata dai monaci benedettini dell’abbazia di Cluny in Francia, che volevano riportare la Chiesa ai principi del Cristianesimo primitivo, con i loro ideali di probità, osservanza dei precetti religiosi e onestà.
Ugo il Fiorentino
Ma Dante ricorda Ugo anche per altro: fu lui infatti che per primo scelse Firenze come sua residenza, rendendola di fatto la capitale della Toscana, preferendole quella che fino a quel momento era stata la città più importante della regione, Lucca.
Solo così Firenze iniziò un periodo di ascesa e di crescita che non si sarebbe mai più arrestato, durante il quale la città sarebbe divenuta la più potente dell’Italia tirrenica centrale. A Firenze Ugo fondò la Badia fiorentina, la più importante istituzione ecclesiastica regolare lungo tutti gli anni dell’Alto Medioevo. E nella Badia viene ancora oggi ricordato.
Ugo il Grande
Secondo la leggenda infatti Ugo il Grande morì a Pistoia il 21 dicembre del 1001, nel giorno di san Tommaso (come ricorda anche Dante), ma subito la sua salma fu trasportata nella città che aveva amato più di tutte, per essere tumulata nella chiesa che egli stesso aveva fondato: la Badia di Firenze. Lì molti secoli dopo, nel 1481, in pieno Rinascimento, Mino da Fiesole realizzò per lui lo splendido monumento funebre che ancora oggi possiamo ammirare.
Badia fiorentina, 21 dicembre…
E consapevole che se non fosse esistito, le sorti della città sarebbero state ben altre, Firenze e i fiorentini tributano al grande Ugo di Toscana ogni anno un curioso omaggio. Ogni 21 dicembre presso la Badia fiorentina si tiene una celebrazione in suo ricordo. Per tutta la durata della funzione una grossa armatura, che viene conservata in uno scaffale della sacrestia, viene posta sul suo sepolcro, sopra un cuscino ricoperto con un drappo dei colori del marchese; nientemeno che quell’insegna ricordata anche da Dante, a strisce parallele bianche e rosse, che fu all’origine dei colori della città e dell’intera Toscana: il bianco e il rosso.
Davvero Ugo il Grande. Eppure pochi fiorentini conoscono la sua storia, e forse molti non hanno mai neppure sentito il suo nome.