Abbiamo avuto la bella occasione di intrattenerci piacevolmente con Patrizia La Fonte che vanta un curriculum artistico di tutto rispetto, avendo lavorato con noti registi tra cui Mario Monicelli, Nanni Loy, Ferzan Ozpetek , ora, per la Televisione Francesca Archibugi
INTERVISTA A PATRIZIA LA FONTE
Ciao Patrizia e benvenuta, nel corso della tua carriera hai lavorato con registi di grande calibro. Secondo una tua esperienza, come vedi oggi la produzione di cinema e televisione. Quali cambiamenti?
Ciao Angela e grazie a voi. Ti rispondo dicendoti che ultimamente c’è un’interessantissima presenza di nuovi autori e registi nonché di attori molto bravi; purtroppo però non sono quelli bravissimi che spesso lavorano, bensì quelli meno pronti ma che hanno strade più aperte e sono più abili a spalancare le porte. Quindi i talenti veri a volte debbono aspettare, restando nell’ombra. Citando Romanzo famigliare, posso dirti che uno dei suoi pregi, portato avanti dalla bravura di Francesca Archibugi è stato quello di cercare dei giovani attori di talento; inoltre non è stato facile affrontare temi diversi da quelli consueti e rassicuranti, che specialmente in televisione non sono frequenti come invece in altri Paesi. Da noi molte cose pare non si possano fare per non urtare la sensibilità di questo o quello e spesso quando si fanno, tutto deve essere in una maniera “anonima e asettica”. Questo porta a dei lavori piatti; invece ci sono delle belle cose e dei buoni talenti, veramente preparati; purtroppo spesso si perdono perché non si sentono incoraggiati; e questo mi sento di dirlo perché ne incontro, insegnando all’Accademia Internazionale di Teatro.
In questi ultimi tempi si assiste ad un sempre maggiore interesse per il Teatro, anche da chi non lo ha propriamente praticato e studiato. Cosa ne pensi in merito?
Dunque la cosa va un po’ distinta: esistono attori che avendo una formazione di mestiere molto solida e pronta, magari hanno poi raggiunto una notorietà televisiva, e gli si offre la possibilità di rifare teatro: questi ci tornano in maniera egregia.
Poi c’è l’altro risvolto un poco più spinoso che riguarda la produzione teatrale, così miope che manda in scena soltanto persone che il pubblico riconosce; e talvolta sono attori che pur non avendo fatto mai teatro, hanno invece avuto un buon successo in televisione o al cinema e vengono chiamati in teatro perché altrimenti lo spettacolo non troverebbe compratori; la gente, prima di andare a vedere uno spettacolo ci pensa due volte se non conosce gli interpreti. Qui abbiamo esempi pessimi, perché gli spettatori poi si accorgono che quel personaggio, famoso in tivvù, non è adatto al palcoscenico, e lo vede, che lo spettacolo si appiattisce. Quelli che producono spettacoli dovrebbero rischiare, come si fa in altri Paesi, in cui gli attori alternano quasi sempre cinema televisione e teatro. Anche io ho, come altri, ho fatto un po’ di di tutto, e penso che recitare sia la stessa arte in qualunque ambito; certo, cambiano la misura e il peso, ma se sei un buon attore intelligente non ti metti a fare l‘amplificazione di voce e gesto del teatro quando sei in un primo piano al cinema. Si tratta di prendere le giuste misure.
Nella tua esperienza, sei stata anche aiuto- regista in Off Brodway. Quali differenze o somiglianze tra il modo di lavorare in Italia e in America?
Più o meno quello che ti ho già detto. Se gli altri Paesi hanno tanto da imparare da noi, noi c’è forse un caso in cui noi abbiamo da imparare dagli americani: ad avere più coraggio e più rispetto del lavoro e della professionalità. Infatti per gli americani, fare l’attore è un lavoro vero, come il medico o l’avvocato. Un lavoro che ha la sua dignità. Da noi, se dici “sono un attore” ti senti ancora chiedere “ Si va bene, ma di lavoro che fai? Siamo tutti artisti!” Questo pensare di essere “tutti artisti” squalifica la professione intesa come come arte e scelta di vita.
In America, inoltre, da sempre si rischia di più, portando sugli schermi certe realtà. Si comincia adesso da noi a vedere al cinema o in tivù lo specchio delle nostre realtà, come il parlare di coppie omosessuali, di persone disabili o far vedere le differenze sociali e politiche.
In ultimo ti chiedo, essendo un giornale fiorentino, essendo tu nata a Bagno a Ripoli, in che misura porti il tuo essere fiorentina?
Si sono nata a Bagno a Ripoli ma vivo da tanti anni a Roma. Sicuramente quando parlo e recito ho, come un tessuto sotto la pelle, la mia appartenenza a Firenze. L’essere di Firenze è anche sentirne nostalgia. Mi viene in mente un mio soggiorno lavorativo in America. Dopo sei mesi sentii, molto viva, la nostalgia di Firenze, e delle sue colline. Mi mancavano gli odori, i sapori, le sensazioni e perfino il calore del camino. A un certo punto ho portato questo anche in scena: qualche tempo fa ho scritto, diretto e interpretato uno spettacolo sull’ultima governante di Leonardo da Vinci, in cui il personaggio che interpreto, Maturina, che è realmente vissuta, è stata da me resa fiorentina e parla un autentico italiano del 1500 perfettamente comprensibile. Questo, potresti dirmi, ora che cosa c’entra? C’entra: nel 2019 saranno 500 anni dalla morte di Leonardo, e ho intenzione di portare in giro questo spettacolo. Tra l’altro, è un lavoro senza la quarta parete e quindi io interloquisco col pubblico raccontando di Leonardo. Mi piacerebbe molto portarlo a Firenze e in altri teatri toscani. Chissà …
Grazie a Patrizia per la sua cortese disponibilità a cui noi tutti di “Seidifirenzese” auguriamo un grande in bocca al lupo per i suoi progetti.
Ringraziamo, inoltre per la preziosa e continua collaborazione, l’agenzia di Patrizia La Fonte la “Take Off Artist Management”, in particolare la Sig.ra Rosaria Cicolani e la Sig.ra Simona Franzini:
http://www.takeoffartistmanagement.com/